Euristeo, Vienna, van Ghelen, 1724

 ATTO TERZO
 
 Reggia.
 
 SCENA PRIMA
 
 ERGINDA
 
 ERGINDA
 Coronatemi il crin, rose e ligustri.
 Spente le tede e rovesciata è l’ara
800de l’infausto imeneo. Si è fatta alfine
 la mia vendetta. Io non sarò in amore
 misera sola. Ormonte
 coi pianti miei confonderà i suoi pianti.
 Godiam, cor mio. Ma tu sospiri ancora?
805Che più vorresti? Intendo. In te rinasce
 speme e desio. Chi sa? Già vede Ormonte
 le regge inique e le grandezze infide.
 Dispetto in lui scaccerà fasto; e ancora
 le natie selve e la fedele Erginda
810richiameran quell’innocente affetto
 ch’era un tempo sua pace e suo diletto.
 
    Sotto un faggio o lungo un rio
 spero ancor con l’idol mio
 starmi assisa, o selve amate.
 
815   E con lui di quando in quando,
 or ridendo, or sospirando,
 rammentar le pene andate.
 
 SCENA II
 
 AGLATIDA ed ISMENE
 
 AGLATIDA
 Perdi tempo e ragion.
 ISMENE
                                           Sovra un’accusa,
 cui rabbia e gelosia danno fomento,
820condannar tanta fede?
 AGLATIDA
 Qual fede? Erginda l’ebbe. Io n’ho le prove;
 e ’l fare un infedel non è mia gloria.
 ISMENE
 Pensaci. Tuo malgrado,
 verrà meno quell’ira.
825Succederà rimorso;
 e amor si ascolterà ma forse tardi.
 AGLATIDA
 Non divampa più ardor, di cui non resta
 che una cenere spenta.
 ISMENE
 Questo dunque abbandoni
830cielo per sempre il desolato Ormonte.
 AGLATIDA
 E si perda con lui la sua memoria.
 ISMENE
 E tu lieta ti appresta
 a migliore imeneo. Già n’odo i canti.
 AGLATIDA
 Tu mi tormenti, Ismene.
 ISMENE
835Sei ultima a saperlo? Ormonte appena
 posto avrà fuor di Edessa il piè ramingo
 che al tuo talamo Glaucia...
 AGLATIDA
                                                   Ahimè! Qual nuovo
 torrente di sciagure? A Glaucia io sposa,
 cui più di morte abborro?
 ISMENE
                                                  E più d’Ormonte?
 AGLATIDA
840O crudel, se m’inganni! O più crudele,
 se mi manchi d’aita!
 ISMENE
 Nel fido amante il difensore avresti.
 AGLATIDA
 Vorrei... Ma... Senti, Ismene.
 Né dover né ragion vuol ch’io ’l rivegga,
845sinché ’l trovo infedel. Tu l’innocenza
 n’esamina e la colpa. Odi qual parli
 d’Erginda e d’Aglatida. A lui nel volto
 il pallore, il rossor, tutti de l’alma
 i movimenti osserva. A me poi riedi.
850Alor risolverò.
 ISMENE
                             Cedesti alfine.
 Men fiera io ti credea.
 AGLATIDA
                                           Ma s’altre rechi
 prove de’ suoi spergiuri,
 tacimi lui; tacimi Glaucia ancora.
 Parlami sol di morte. Io l’avrò tosto
855dal duol del ben perduto
 e dal timor del mal vicino oppressa.
 ISMENE
 (Quanto fec’io per tormentar me stessa!)
 AGLATIDA
 
    O quanto è facile
 ne la catena
860d’amor languir!
 Ma che gran pena
 poterne uscir!
 
    Si scuote il laccio
 ma non si spezza;
865e amor si vendica
 con più fierezza
 del vano ardir.
 
 SCENA III
 
 ISMENE e poi ORMONTE
 
 ISMENE
 Fiero dover vuol che si soffra e vinca;
 né si aggiunga a dolor vergogna e colpa.
870Ecco Ormonte; ed oh! quanto,
 ma non per me, pensoso!
 ORMONTE
                                                 (In odio a lei, (Tra sé)
 sì, Ormonte, anche a te stesso in odio sei.
 Che mi resta a far più, se non morire?)
 ISMENE
 Sovrasta al suo destin chi ’l sa soffrire.
 ORMONTE
875Poss’io sperar ne la mia sorte avversa
 quella bontà in Ismene?...
 ISMENE
 Ismene è giusta; a che temerne, o duce?
 ORMONTE
 Chi ha l’odio del regnante ha quel di tutti;
 e reo seco divien fin chi ’l compiange.
 ISMENE
880Nulla toglie di stima
 gran miseria a gran merto; e in tuo favore,
 più di quel che dir posso, è quel che penso.
 ORMONTE
 Oh! Fosse ugual pietade in Aglatida!
 ISMENE
 Non ti rimorde il cor di alcuna offesa?
 ORMONTE
885Se colpa è amore e fede, io reo già sono.
 ISMENE
 Amor, sì, ma incostante e fé spergiura.
 ORMONTE
 Spergiura a lei?
 ISMENE
                                Perché la desti ad altra.
 ORMONTE
 A chi?
 ISMENE
               Conosci Erginda? A questo nome
 ti turbi e impallidisci?
 ORMONTE
                                            O dei! Già intendo;
890e l’ire di Aglatida in parte assolvo.
 ISMENE
 Le fai ragion col confessare il torto?
 ORMONTE
 No, ma meno mi affligge
 il saperla ingannata
 che il temerla infedel.
 ISMENE
                                           Ti accusa Erginda
895di scambievole amor. Ne reca in prova
 e doni e giuramenti...
 ORMONTE
                                          Ah! Si perdoni;
 ma non si creda a disperata amante.
 Del mio amor la meschina a sé già fece
 lusinga in suo conforto;
900ed or se ne fa vanto in sua vendetta.
 Principessa, arrossisco
 fin ne la mia discolpa.
 Ma ’l credi. Ad Aglatida
 osato non avrei di offrire un core
905che fosse reo di spergiurato amore.
 ISMENE
 Ella si disinganni. A me la cura
 lascia di tua innocenza.
 Cisseo sia ’l tuo pensier.
 ORMONTE
                                               Sorge in me spene,
 se Aglatida mi rendi. Io temo ancora
910il divieto crudel. Tu vanne e dille...
 
    Dille, pietosa Ismene,
 ch’ella fu ’l primo amore
 e ch’ella del mio core
 l’ultimo ancor sarà.
 
915   Dille che, se il gran bene
 m’è tolto di mirarla,
 quello però d’amarla
 vietar non mi potrà.
 
 SCENA IV
 
 CLEARCO e i suddetti
 
 CLEARCO
 Ti arresta. In tuo soccorso,
920quanto può fa Clearco; e ’l sappia Ismene.
 ISMENE
 Persiste il re?
 CLEARCO
                            Nel suo rifiuto; e Glaucia,
 qual fa mantice in fiamma, ire vi accende.
 ORMONTE
 Più che Glaucia e Cisseo, temo Aglatida.
 S’ella è per me...
 ISMENE
                                 Che puote
925contra re genitor figlia anche amante?
 CLEARCO
 E se forza l’astringa
 a l’abborrite nozze?...
 ORMONTE
                                          A quali? O dio!
 Mi si asconde il maggior de’ miei disastri?
 ISMENE
 Non osai per pietà.
 CLEARCO
                                      Ma Glaucia vanta
930le vicine sue gioie. Il re l’ascolta
 e può nel suo favor prometter tutto.
 ORMONTE
 Ma non tutto eseguir. Su l’ara istessa
 mi paventi il rival.
 CLEARCO
                                     Piacemi, Ormonte,
 il tuo nobile sdegno;
935né sarai solo. Andiamo. Avrai Clearco;
 e con gli etoli miei ti seguiranno
 le amiche macedoniche falangi.
 Questa è la via di assicurarti il caro
 possesso e di punir Glaucia e Cisseo.
 ORMONTE
940No. Cisseo, benché ingrato,
 è il mio sovrano, è d’Aglatida il padre.
 Freni l’ire rubelle
 il rispetto e l’amor. Vo’ da Aglatida,
 più tosto che abborrito, esser compianto.
 ISMENE
945Generosa virtù!
 CLEARCO
                                Ma inopportuna.
 Il reprimer è giusto
 con la forza l’oltraggio.
 ORMONTE
 Lo faria il vincitor, nol può l’amante.
 ISMENE
 Se l’amante abbandona
950al superbo rival le sue speranze,
 prova è questa d’amor? Questa è virtude?
 ORMONTE
 Dei!... Che farò? Aglatida
 dia leggi al mio destin. Deh! Principessa,
 poiché avrai da quel cor, che ben lo spero,
955col chiaror di mia fé l’ombre disciolte,
 fa’ che intenda il gran rischio, in cui ne immerge
 insidia e sconoscenza. Io quel sentiero
 seguirò solo, ove sua man mi guidi.
 ISMENE
 Duce, il farò. (Più bell’amor non vidi).
 
960   La tua virtù mi dice (Ad Ormonte)
 che alfin sarai felice.
 (Ed io sospirerò). (A parte)
 
    Tu, che l’occulta intendi (A Clearco)
 cagion de’ miei sospiri,
965quel degno amor difendi
 e quando lieto il miri,
 alora... Ah! Dirti ancora
 non posso: «Io t’amerò».
 
 SCENA V
 
 ORMONTE, CLEARCO e poi GLAUCIA
 
 CLEARCO
 Amistade ed amor, possenti affetti,
970ti assicuran Clearco.
 ORMONTE
 Tu sei l’ancora mia nel gran naufragio;
 ma Aglatida è la stella.
 CLEARCO
                                            Io pronte al cenno
 terrò le amiche schiere; e nel tuo nome,
 anche senza tua colpa, avrem vittoria.
 ORMONTE
975Se mai...
 CLEARCO
                    Taci. Vien Glaucia.
 GLAUCIA
 Un resto di pietà, che in tante guise
 da te già provocato, ancor ti serbo,
 mi tragge a te. Fanne buon uso. Altrove
 troverai miglior sorte.
980A sperar qui non hai che sdegni e mali.
 ORMONTE
 Nel tuo stesso favor minacce incontro?
 GLAUCIA
 L’ire del re mi fanno
 tremar. Catene e peggio
 parmi di udir da un suo comando. Ah! Fuggi...
 ORMONTE
985Fuggir? Tutta nol fece
 la Tessaglia nemica; e ’l farà Glaucia?
 Da queste mura, ove te ancor chiudesti,
 i Macedoni han visto
 qual vinse Ormonte; or lo vedran qual fugga?
 GLAUCIA
990E se dal re te ne arrecassi il cenno?
 ORMONTE
 Dal re verria il comando
 e da Glaucia il consiglio.
 Prence, il so. Con l’idea di quel gran bene,
 che a me si dee, già ti lusinghi e pasci.
995Ormonte a te vicino è ’l tuo timore;
 e ne temi a ragion. Vorrà ch’io parta
 Cisseo? L’ubbidirò. Ma pria che il passo
 tragga da questa reggia, odimi e trema;
 Glaucia sarà la mia vittoria estrema.
 
 SCENA VI
 
 GLAUCIA e CLEARCO
 
 GLAUCIA
1000Temerario! Egli crede ancora ignote
 le natie sue capanne, i patri armenti.
 Sì, e d’aver per amico un vil bifolco
 si arrossisca Clearco.
 CLEARCO
 Sul tuo labbro le accuse
1005non han credito, o Glaucia.
 Occhio, cui fosco velo appanni il guardo,
 giudica dal suo inganno.
 GLAUCIA
 Il re...
 CLEARCO
               Qui inutilmente
 teco sdegno garrir. Medita, ordisci
1010al suo nome, al suo merto insidie ed onte.
 Già in me conosci il difensor d’Ormonte.
 
    Non ben ti promette,
 nemico ed amante,
 piaceri e vendette
1015lo sdegno e l’amor.
 
    Dal laccio e da l’arco
 sovente s’invola
 la preda che al varco
 sperò il cacciator.
 
 SCENA VII
 
 CISSEO e GLAUCIA
 
 CISSEO
1020Se giusto fui, perché la prima, o dei!
 tranquillità mi è tolta?
 GLAUCIA
 Che ti turba, o gran re ?
 CISSEO
                                              Glaucia, si è data
 pena a l’ardir, non ricompensa al merto.
 GLAUCIA
 Ne hai tu la colpa? O un insolente orgoglio?
 CISSEO
1025Ma ne mormora il volgo; e di tumulto
 si teme anche nel campo.
 GLAUCIA
 Cert’anime feroci e del comune
 applauso confidenti, un re giammai
 non offenda a metà. Tutto o lor doni,
1030tutto o loro ritolga.
 Soffrirle è un provocarle. Eccone il rischio.
 Presso è il nembo a scoppiar. S’offra a’ soldati
 Ormonte e nulla più. L’oggetto è sempre
 del suo fasto il tuo scettro. Ah! Se nol vieti,
1035genero nol poté, l’avrà nemico.
 CISSEO
 Che? Lo vorresti ancora
 nel dì de’ suoi trionfi
 esule? O prigionier?
 GLAUCIA
                                        Potresti e farlo
 dovresti ancor; ma nol consiglio. A l’ire
1040tronca il pretesto in Aglatida e a lei
 scegli sposo real.
 CISSEO
                                 Ma se ciò fesse
 anzi irritar che disarmar gl’insulti?
 GLAUCIA
 Li prevenga il rimedio. Oggi si accenda
 a l’imeneo la chiara face. Ormonte
1045nulla oserà, già prevenuto; e intanto
 ne le sue stanze un tuo comando il chiuda.
 CISSEO
 Ah! Risolver non so. Pugnan ne l’alma
 e sospetti e rimorsi.
 GLAUCIA
                                       E quai ne avresti
 Aglatida in veder sposa a un bifolco?
1050Ormonte, sì, pria guidò greggi al pasco...
 CISSEO
 Glaucia, onde il sai?
 GLAUCIA
                                        Da Erginda, a noi qui giunta
 dietro l’orme di lui, spergiuro amante.
 CISSEO
 Di lei si cerchi. Erginda
 finirà di espugnar le mie già fiacche
1055ultime diffidenze.
 Seguan te i miei custodi; e fa’ che inerme
 sia ben guardato entro la reggia Ormonte.
 GLAUCIA
 Degno è di te il comando.
 CISSEO
 Consiglio del tuo zelo.
 GLAUCIA
1060Col regno e con l’amor tutto l’offersi
 al padre di Aglatida.
 CISSEO
 Va’. In tua grandezza e in mia amistà confida.
 GLAUCIA
 
    Sempre mi disse il cor: «Non si disperi»;
 e in te confida, o re, la mia speranza.
 
1065   Unisca un imeneo due grandi imperi;
 e tremi al nostr’amor l’altrui baldanza.
 
 SCENA VIII
 
 CISSEO
 
 CISSEO
 Di che ti turbi e tanto
 t’agiti, alma real? T’occupi meno
 Ormonte vincitor. Reo di più colpe
1070pensalo ancora... O dio! Regniam sugli altri;
 e abbiamo entro noi stessi
 il tiranno di noi;
 e l’ostro, che vestiamo, è debol scudo
 da l’oltraggio mortal de’ colpi suoi.
 
1075   Sovra il soglio de’ regnanti
 siedon anche affanni e doglie;
 
    e fulgor di regi ammanti
 cuopre i guai ma non li toglie. (Siede)
 
 SCENA IX
 
 ERGINDA con ISMENE e CISSEO sedente
 
 ISMENE
 Guarda di non mentir, che l’imposture
1080giudice re spaventa o le punisce.
 ERGINDA
 Amor sostien l’accuse. Io nulla temo.
 CISSEO
 Sei tu l’attesa Erginda?
 ERGINDA
 Quella e d’Elide son, figlia a Tersandro.
 ISMENE
 De l’olimpico Giove egli è ’l custode.
 CISSEO
1085Ti è noto Ormonte?
 ERGINDA
                                       E troppo, in mia sventura.
 CISSEO
 Dinne la patria, i genitori, i casi.
 ERGINDA
 E l’arti ancor, con cui deluse Erginda.
 CISSEO
 Elide è patria a lui?
 ERGINDA
                                       Ne udì i vagiti,
 d’età a me pari e nel mio patrio albergo.
 CISSEO
1090Come nel tuo? Servo a Tersandro ei nacque?
 ERGINDA
 No, ma qual figlio ei l’educò bambino.
 CISSEO
 Tanto i suoi genitori eran meschini?
 ERGINDA
 Fur più tosto, o signor, tanto spietati.
 CISSEO
 Perché?
 ERGINDA
                  Lo sa quel bosco, ove il lasciaro.
 CISSEO
1095Nel bosco sacro al maggior nume.
 ERGINDA
                                                               Appunto.
 ISMENE
 (Raccolgo attenta i detti).
 CISSEO
 Quivi il trovò Tersandro?
 ERGINDA
                                                 Esposto e solo.
 CISSEO
 Quant’ha?
 ERGINDA
                       Di poco io varco il quarto lustro.
 ISMENE
 (Conviene il tempo e ’l luogo).
 CISSEO
1100Era il bambino in ricchi arnesi involto?
 ERGINDA
 Anzi (mentir mi giovi) in grosse lane.
 ISMENE
 (O deluse speranze!)
 CISSEO
 De’ suoi bassi natali indicio certo.
 ERGINDA
 E più certo l’avrai da’ suoi spergiuri.
1105Non delude le ninfe alma gentile.
 CISSEO
 Arse tra voi scambievol fiamma un tempo?
 ERGINDA
 Di amarmi ei disse; io sì, l’amai da vero.
 CISSEO
 Credesti a’ suoi sospiri?
 ERGINDA
                                               E a’ doni suoi.
 CISSEO
 Quai doni? Arco o ghirlanda.
 ERGINDA
1110Il più ricco, il più caro anzi di quanto
 tenesse. Ecco, o signor, l’aureo monile.
 Potea meglio provarmi ei la sua fede?
 CISSEO
 Gemme di raro prezzo. Osserva, Ismene. (Levandosi)
 ISMENE
 O dei!... Vedi, o signor... Vedi qui d’Argo
1115l’aquila. Alcide è questo, illustri segni
 di Temeno a me padre
 e padre ad Euristeo, finor compianto.
 Non ti lasci temer questa, che al manco
 braccio a me pur risplende, aurea maniglia.
 CISSEO
1120Egual tesoro di natura e d’arte.
 ERGINDA
 Che feci?
 ISMENE
                     A me rispondi. Or saria vano
 negar. Dond’ebbe Ormonte
 la gemma?
 ERGINDA
                        Entro a sue fasce,
 d’oro e porpora inteste.
 CISSEO
1125E tra ruvide lane a che mentirlo?
 ISMENE
 Industria del suo amor ma sfortunata.
 Altro avea quel fanciullo?
 ERGINDA
                                                 Il brando istesso
 che, non ha guari, io qui gli vidi al fianco.
 ISMENE
 Nel cui fulgido acciaro impresse stanno
1130del nome d’Euristeo le prime note.
 CISSEO
 Voglialo il ciel.
 
 SCENA X
 
 GLAUCIA, poi CLEARCO, che tiene in mano la spada d’Ormonte, e i suddetti
 
 GLAUCIA
                              Domo è ’l superbo e freme,
 quale avvinto leon, chiuso in sua stanza.
 CISSEO
 Né recasti il suo ferro?
 CLEARCO
                                            Eccolo, o sire.
 Senza me non l’avresti. In man di amico
1135ei lo cedé. Lo disarmò il tuo cenno.
 Quello è ’l brando, o signor, che in man di lui (Cisseo ed Ismene lo stanno considerando)
 il terrore e ’l sostegno
 fu già de’ tuoi nemici e del tuo regno.
 ISMENE
 Egli è desso. Egli è desso.
1140Più non resta a temer. Vedi le ziffre
 del caro nome. O numi
 veridici! In custodia
 voi l’aveste dal dì che nel toglieste,
 crudelmente pietosi. O qual del padre
1145fia ’l piacer! Quale il mio!
 Quale il tuo, mia Aglatida! Or sol v’intendo,
 moti interni del sangue, in me costanti.
 Caro Euristeo! Non più sospiri e pianti.
 GLAUCIA
 Che sento?
 CLEARCO
                        Il degno amico è d’Argo il prence?
 CISSEO
1150Più non si tardi. A me Aglatida e Ormonte.
 ISMENE
 Tutto dobbiamo, Erginda, al tuo dolore.
 GLAUCIA
 Da l’alto de la speme, ah! qual cadei!
 ERGINDA
 Del mio ben venni in traccia e lo perdei.
 
    Già m’acheto. Già conosco
1155il tenor de la mia stella.
 
    Già mi attende il natio bosco.
 Non è nata a regio sposo
 sventurata pastorella.
 
 SCENA XI
 
 ORMONTE con guardie e i suddetti
 
 CISSEO
 Ecco, Ormonte, al tuo core
1160dà l’ingrato Cisseo l’ultimo oltraggio.
 Non so se avrai virtù da sofferirlo.
 ORMONTE
 Chi mi tolse Aglatida e alor non giunse
 a eccitarmi a vendette
 farmi può nuovi insulti e andarne impune.
 CISSEO
1165Vo’ che sugli occhi tuoi si stringa or ora
 nodo il più bel che mai strignesse amore.
 ORMONTE
 Aimè!
 CISSEO
               Sposo real scelsi alla figlia.
 Ogni voto vi applaude. Il tuo sol manca.
 ORMONTE
 E a questo mi serbasti? A questo il fianco
1170del noto acciar mi disarmasti? In seno,
 se qui l’avessi, il vibrerei del troppo
 fortunato rival. Dammi pria morte;
 e mi sarà la tua fierezza un bene.
 CISSEO
 Vien Aglatida. Ah! Ch’ella abborre il duce. (Piano ad Ismene)
 ISMENE
1175L’ira cessò. Te ne assicura Ismene. (Piano a Cisseo)
 
 SCENA ULTIMA
 
 AGLATIDA e i suddetti
 
 CISSEO
 Figlia, a regio consorte omai congiunta,
 lascio al tuo cor che in libertà qui ’l trovi.
 AGLATIDA
 (Povero cor!) Padre, perdona. In Glaucia
 l’odio. Nol vo’ in Clearco. Egli è d’Ismene.
1180In Ormonte... Ah! Tal fosse.
 CISSEO
                                                     E in Euristeo?
 ISMENE
 Deh! Più non tormentar le due bell’alme. (A Cisseo)
 AGLATIDA
 In Euristeo?
 CISSEO
                          D’Ismene,
 sì, nel fratel, nel prence argivo.
 AGLATIDA, ORMONTE
                                                          O dei!
 CISSEO
 Figlia, da me il ricevi; e quel tu sei. (Presa la mano d’Aglatida, la presenta ad Ormonte)
 AGLATIDA
1185Tu Euristeo? Tu ’l mio sposo?
 ORMONTE
                                                        Io son sì oppresso
 da la copia de’ beni...
 È sogno? È inganno il mio? Re. Amico. Ismene.
 ISMENE
 Dimmi germana. Anche per me un amplesso.
 ORMONTE
 Ma per qual via?...
 CISSEO
                                     Fia tempo
1190di saperne gli eventi. Or pio dovere
 pronti ne chiama a ringraziar gli dei,
 da cui solo quaggiù deriva il bene.
 ISMENE
 Tutto or avrai, Clearco, il cor d’Ismene.
 CORO
 
    Tu di regi e tu di dei
1195germe illustre, amabil dono,
 sei la gioia e l’amor sei
 di più voti e di più regni.
 
    Meritava un sì gran bene
 tutto il zel de’ nostri affanni.
1200Risarcite hai l’aspre pene
 e ripressi i rei disegni.
 
 LICENZA
 
 Candido e fausto giorno, alfin tu vieni
 a renderne quel bene,
 senza cui ne cingean nebbie ed orrori.
1205Più del fulgido Apollo, a noi ti guida
 l’inclita Elisa. Ella ne allegra e bea
 con l’amabile aspetto e rassicura,
 col piacer che ne reca,
 quello ancor che speriam. Sì, grande augusta,
1210a te la nostra in fronte
 felicità sta scritta. Il rivederti
 racconsola gli affetti e le speranze;
 e ’l nostro amor, che quanto
 sinor ti sospirò, tanto or n’esulta,
1215non anche appieno nel suo gaudio intende
 se più sia quel che gode o quel che attende.
 
    Sarem per te felici.
 Il ciel con fausti auspici
 omai fa al nostro amore
1220ragion per non temer.
 
    Elisa è nostro bene.
 Elisa è nostra spene.
 Errar non può la voce
 del pubblico piacer.
 
 Siegue il ballo di nobili giovanette e giovanetti macedoni, guidato dai principi della gioventù.
 
 Fine del dramma